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Cubismo e Futurismo

Piani e linee di una donna che si pettina (dal vero) (1912)

donna che si pettina

Xilografia, cm 44,5x36,5.

 

Sul numero della rivista Lacerba, Firenze, 1° novembre 1913, pubblicata questa xilografia.

Si tratta di una delle rare prove stampate probabilmente da Soffici stesso su carta da spolvero, pressando il foglio adagiato sulla matrice silografica, in qualche modo inchiostrata con un color seppia.

 

 

Mendicante (1913)

Mendicante

Vitrografia (monotipo a olio), cm 49x37.

 

Analogamente a Le pont, 1913, si può ipotizzare fosse questo monotipo l’opera presente nelle tre mostre futuriste (Ridotto del Teatro Costanzi, Galleria Giosi, Roma, febbraio 1913; Rotterdam, 1913; Lacerba, Firenze, 1913-14), con il titolo Linee e volumi di una figura, 1913. È probabile che Soffici preferisse esporre i monotipi, perché, in caso di vendita, poteva disporre di altre copie.

 

Le pont (Scomposizione dei piani di un ponte) (1913)

le pont

Vitrografia (monotipo a olio), cm 18x13 (il lavoro).

Pubblicato in Lacerba, Firenze, 1° luglio 1913.

Ricostruendo la partecipazione di Soffici alle mostre futuriste del periodo (Ridotto del Teatro Costanzi, Galleria Giosi, Roma, febbraio 1913; Rotterdam, 1913; Lacerba, Firenze, 1913-14), analogamente a Mendicante, 1913, si può ipotizzare fosse questo monotipo l’opera presente nelle tre mostre con il titolo Linee e volumi di un ponte, 1913.

 

Paesaggio a Chiavris (1916)

chiaviris

Olio su tela, cm 37,3x28.

Unico documento pittorico del periodo bellico di Soffici, tra il 1916 e il 1918. Dipinto realizzato a Chiavris, vicino Udine, dove Soffici nel 1916 si trovava in qualità di ufficiale. Qui si rifà ai dipinti del tempo anteriore all’impegno cubofuturista, quando, attorno al 1911, il suo linguaggio orientato da modelli cezanniani si addentrava nelle geometrizzazioni cubiste.

 

 

Natura morta con popone (1948)

natura morta con popone

Tempera su cartone, cm 70x50.

L’impianto del quadro richiama le nature morte del periodo cubofuturista, 1913-16, soprattutto quei trofeini del 1915 dove i colori a tempera sono stesi a campiture piatte. Soffici usa le medesime mascherine di zinco per ottenere i profili delle bottiglie, del bicchiere e i caratteri delle sue iniziali: «SO».

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Approfondimento

Compagno dell’avant-garde parigina, Soffici vide appena dipinte nello studio di Picasso Les Demoiselles d’Avignon, 1907, documento della nuova corrente cubista. In Italia quindi, 1911, rielaborò i passaggi formali delle sintesi cubiste, scomponendo le sue figure tratte dalla realtà e via via schematizzate in piani geometrici, con ritmi compositivi che sul ragionamento plastico di Cézanne innestavano i rigorosi componimenti degli artisti toscani del Quattrocento (Paolo Uccello).

Il cubismo sofficiano fu quindi riunione di antico e di recente sotto il segno del rinnovamento plastico, una versione che faceva riacquistare eccellenza moderna anche alle immagini primitive, le insegne degli ambulanti, le decorazioni popolari. Il linguaggio si faceva semplice, immediato, eppure vibrante di equilibri riscoperti nella quotidianità – i decoratori di stanze gli suggerirono il titolo di Trofeini per le nature morte. Invenzioni poeticamente fluttuanti: talvolta pochi oggetti acquistano valore di simbolo, altrimenti superfici con accumulazioni formali che inducono a complesse interpretazioni.

Soffici accettava la costruttiva architettura del Cubismo quale reazione alla dissolvenza luministica dell’impressionismo, ma ne rifiutava l’estremismo teorico (troppo cerebralismo inaridisce il sentimento poetico dell’artista) e l’eccessiva distorsione delle forme del reale (non si può disprezzare la natura, che è invece la vera ispirazione del genio), così come l’arbitrarietà coloristica e formale (l’astrattismo è morte della pittura quale mezzo di comunicazione visiva).

Tale fu l’ingresso di Soffici nell’avanguardia storica. Nel frattempo, 1909, era sorto il movimento marinettiano del Futurismo, del quale Soffici fece una memorabile stroncatura riferendosi alla mostra di Milano del 1910. Lo stato maggiore futurista, Boccioni, Carrà, Russolo, Marinetti, decise una «spedizione punitiva» a Firenze contro l’artista, una rissa conclusa da strette di mano. Ponte per la riconciliazione tra Soffici e i marinettiani, fu Severini alla fine del 1912. L’anno seguente il nome di Soffici è fra gli aderenti al movimento. La rivista Lacerba, fondata con Papini nel 1913,  divenne organo del futurismo, sul foglio divamparono le polemiche di Boccioni, furono stampate le parole in libertà di Marinetti, le eleganti invenzioni formali di Severini, gli azzardi plastici di Carrà e le esuberanti esercitazioni di un giovane talento, Ottone Rosai.

Le profanazioni liriche di Palazzeschi, dello stesso Soffici che teorizzava anche su «Cubismo e futurismo», di Govoni, di Folgore, di Cangiullo, di Tavolato davano rumore di tempesta, insieme con i clamori del musicista Pratella, a quel coro di provocatori. Le ironiche gesta dei futuristi ebbero una sorta di celebrazione alla mostra di pittura che fu intitolata a Lacerba (riuniva opere di Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, Soffici), e alla manifestazione conseguente presso il Teatro Verdi, Firenze, dicembre 1913.

Troviamo Soffici anche alle mostre futuriste di Roma, Rotterdam, Londra, Napoli.

I quadri di Soffici fra 1912 e 1915 possono dirsi cubofuturisti in virtù di una elaborazione dell’immagine che nella composizione e nel colore, pur con accumuli, simultaneità, scomposizioni e moltiplicazioni formali fa reggere il gioco creativo dal confronto con le cose di realtà e natura. Opere in cui i principi cubisti della figurazione sintetica non si risolvono in astrazione.

Il momento glorioso di quei combattenti per la modernità, una riunione di energie creative e critiche giunte al culmine ebbe, come giusto, vita breve. Nel 1915 si consumò la rottura tra il gruppo di Soffici, Palazzeschi, Papini, Carrà, e i marinettiani.

Lacerba, nel dibattito politico sulla guerra europea, prese posizioni fieramente interventiste e cessò di esistere con la discesa in campo dell’Italia a fianco di Francia e Inghilterra. Prima di partire per il fronte, Soffici compose un album di grande formato, BÏF§ZF+18 Simultaneità e Chimismi lirici, raccolta di poesie innovativa nel nostro panorama letterario. Durante la guerra, 1914-1917, scrisse testi teorici che riunì nel 1920 nel libro, Primi principî di una Estetica Futurista.

Tornato a Poggio a Caiano nel 1920, sulla rivista personale Rete Mediterranea, in linea con la revisione  delle trascorse esperienze artistiche, stampò «Apologia del Futurismo» in cui esponeva le ragioni della sua adesione al movimento così utile un tempo per scuotere le coscienze, e i motivi del distacco da una corrente artistica ora definitivamente superata. Passando dalle parole ai fatti, Soffici distrusse alcune sue tele come Sintesi pittorica della città di Prato, 1912, Compenetrazione di piani plastici (Tarantella dei pederasti), 1913.